Spoiler: la colpa è del nostro cervello pigro

Abbiamo mai notato come, di fronte a una situazione nuova, la prima cosa che facciamo è pensare: “Come l’abbiamo risolta l’ultima volta?”

Congratulazioni, siamo vittime della “memory premium” – quella tendenza tutta umana di pescare dal nostro archivio mentale anche quando la situazione richiederebbe un approccio completamente diverso.

Il caso degli scacchi (o: quando la memoria ci frega)

I ricercatori della Kellogg School hanno fatto una cosa geniale: hanno analizzato quasi 150.000 giocatori alle prese con il Chess960, una variante degli scacchi dove i pezzi partono in posizioni casuali. Risultato? Anche quando le mosse “di memoria” erano oggettivamente peggiori, i giocatori le sceglievano comunque il doppio delle volte.

Il nostro cervello, insomma, preferisce una cattiva decisione familiare a una buona decisione sconosciuta. Efficiente? Forse. Ottimale? Assolutamente no.

Perché il nostro cervello è così pigro?

Non è cattiveria, è economia cognitiva. Il nostro cervello ragiona così: “Se vedo una nuova situazione e mi viene in mente un’opzione che sembra abbastanza buona, la prendo. Perché sprecare energie a pensare ad altre opzioni?”

È una scorciatoia che funziona la maggior parte delle volte. Il problema è quel “la maggior parte” – perché quando non funziona, i danni possono essere considerevoli.

Come liberarci dalla trappola

1. Riconoscere il pattern La prossima volta che ci troviamo di fronte a una decisione importante, chiediamoci: “Sto scegliendo questo perché è la soluzione migliore o perché è quella che conosco?”

2. Fare il check della situazione Questa nuova sfida assomiglia davvero a quelle passate? O ci sono variabili che abbiamo sottovalutato?

3. Investire in esplorazione Sì, costa tempo ed energia pensare a soluzioni alternative. Ma costa molto di più riparare ai danni di una decisione sbagliata.

Il paradosso finale

La memoria è il nostro superpotere – ci permette di imparare dall’esperienza e migliorare nel tempo. Ma è anche la nostra kryptonite quando ci impedisce di adattarci a contesti nuovi.

La buona notizia? La ricerca mostra che dopo circa 25 esperienze in un nuovo ambiente, la dipendenza dalla “vecchia memoria” si riduce del 50%. In altre parole: il cervello impara anche a disimparare.

P.S. Se questo articolo vi ha fatto venire in mente almeno una situazione in cui avete ripetuto una strategia obsoleta, condividetelo. Forse aiuterete qualcun altro a evitare la stessa trappola.