Eccoci qui a rovinare un altro lunedì motivazionale. Mentre scrolliamo LinkedIn con una mano, rispondiamo a Slack con l’altra e “ascoltiamo” una call con le cuffie, ho una notizia bomba: non siamo dei ninja della produttività. Siamo solo molto bravi a farci del male con stile.
La grande bugia del secolo (spoiler: non è quella sui Bitcoin)
Il multitasking non esiste. È come Babbo Natale, ma meno simpatico e decisamente più dannoso per la nostra corteccia prefrontale. Quello che chiamiamo “essere produttivi” è in realtà il nostro cervello che fa parkour tra un’attività e l’altra, lasciando pezzi di attenzione ovunque come Pollicino con le briciole.
Le neuroscienze hanno una parola per questo: task-switching. E costa caro. Tipo 40% della nostra efficienza che se ne va a farsi benedire. Ogni. Santa. Volta.
Il nostro cervello è una Ferrari guidata da un cavernicolo
Dentro la nostra testa c’è una battaglia epica tra due sistemi:
Team Cavernicolo (sistema bottom-up): Reagisce a ogni notifica come se fosse un leone nella savana. DING! Pericolo! BUZZ! Predatore! È veloce, instancabile e ha zero chill.
Team Strategia (sistema top-down): Cerca disperatamente di farci finire quel report mentre il cavernicolo urla “GUARDA! UNA NOTIFICA! POTREBBE ESSERE IMPORTANTE! O UN MEME!”
Indovinate chi vince? Esatto. Il cavernicolo. Sempre.
Il costo nascosto del “siamo bravi a fare più cose insieme”
Ogni volta che passiamo da Excel a WhatsApp, dal report alle email, dalla call al caffè (ok, quello è concesso), il nostro cervello paga un pedaggio neurologico. I ricercatori lo chiamano “switching cost” – io lo chiamo “tassa sulla stupidità autoinflitta”.
Ci vogliono in media 23 minuti per recuperare il focus dopo un’interruzione. VENTITRÉ. MINUTI.
Facciamo due conti: 67 interruzioni al giorno (media 2025) x 23 minuti = praticamente stiamo lavorando con il cervello di un bradipo ubriaco.
L’attention residue: il fantasma delle task passate
C’è di peggio. Quando cambiamo attività, parte della nostra attenzione rimane incollata a quella precedente come un chewing gum sotto la scarpa. Sophie Leroy (una che di cervelli se ne intende) ha scoperto che fino al 40% delle nostre risorse cognitive può rimanere bloccato sul task precedente.
È come cercare di correre una maratona trascinandoci dietro uno zaino pieno di sassi. Uno zaino che diventa più pesante ad ogni cambio di attività.
La soluzione che non vogliamo sentire (ma di cui abbiamo bisogno)
Pronti? Eccola: facciamo meno cose.
Lo so, revolutionary. Ma aspettate prima di chiudere l’articolo per controllare Slack.
Il protocollo anti-sabotaggio:
- Notifiche = OFF: Per almeno 2 ore al giorno. Il mondo non finirà. Promesso.
- Micro-reset: 3 respiri profondi tra un’attività e l’altra. Sì, proprio come nello yoga. No, non dobbiamo postarlo su Instagram.
- La regola del movimento: 20 minuti di camminata al giorno. La nostra corteccia prefrontale ci ringrazierà (e anche le nostre gambe).
- Deep work zones: Blocchiamo slot di tempo per il lavoro profondo. Trattiamoli come meeting con Elon Musk – non si cancellano.
Il test della verità
Dubbiosi? Proviamo questo esperimento per una settimana:
- Giorni 1-3: Lavoriamo come sempre (nel caos)
- Giorni 4-7: Spegniamo le notifiche per 2 ore al giorno
Misuriamo: errori commessi, tempo per completare task, livello di stress.
Poi torniamo qui a dire che il multitasking funziona. Vi aspetto.
Il plot twist finale
Le aziende smart stanno già capendo. Stanno creando “zone di deep work”, misurando KPI neurali (sì, è una cosa), e indovinate? I loro dipendenti producono di più, innovano meglio, e – shock – sono più felici.
Non è buonismo aziendale. È capitalismo intelligente: cervelli riposati = più profitto. Chi l’avrebbe mai detto?
La morale (perché su LinkedIn ci vuole sempre)
Il multitasking è morto. Non facciamogli nemmeno il funerale, non se lo merita.
Il futuro appartiene a chi sa dire: “Sto facendo UNA cosa. Bene. Poi farò l’altra. Ancora meglio.”
In un mondo che urla costantemente per la nostra attenzione, il vero superpotere è sapere dove NON guardare.
Ora chiudiamo LinkedIn. Davvero. Andiamo a fare quella cosa che stiamo rimandando da stamattina.
Una alla volta.
P.S. Se avete letto questo articolo mentre facevate altro, complimenti: avete appena dimostrato il mio punto. Ri-leggiamolo. Da soli. In silenzio. Il nostro cervello ci ringrazierà.
P.P.S. No, controllare le notifiche mentre ri-leggiamo non conta come “pausa strategica”.
P.P.P.S. Sì, ho controllato Slack tre volte mentre scrivevo questo articolo. Mai detto di essere perfetto.